NON E’ NORMALE CHE SIA NORMALE

Foto dalla rete



Il titolo di questo post lo devo ad una campagna che mi ha colpito molto, portata avanti dallo scorso anno dall’Onorevole Mara Carfagna, vice presidente della Camera e che  sta vedendo tante persone impegnate nella lotta contro la violenza sulle donne. 
Tra le varie attività derivate da questa campagna emerge quella degli studenti dell'istituto Copernico-Carpeggiani di Ferrara che hanno inciso un brano rap scaricabile a pagamento ed il cui ricavato sarà devoluto per l’aiuto alle famiglie affidatarie degli orfani a causa del femminicidio.
Di violenza sulle donne se ne parla continuamente, oggi molto più di ieri, ma pare che nonostante tutto i femminicidi, la violenza e ogni forma di sorpruso verso questo essere speciale, qual è la donna, non diminuiscano.
Spesso, anzi oserei dire la maggior parte delle volte, le violenze domestiche non sono neanche denunciate.
Si tratta di violenze quotidiane, ripetute nel tempo e da tanto tempo, a tal punto che alcune pensano che sia normale.
Niente di ciò che ci fa stare male, che ci umilia è normale.
Non è normale che quello che si definisce sesso forte, possa decidere unilateralmente le leggi di un nucleo familiare, che possa dire alla propria moglie che lei non vale niente.
Non è normale che tornando a casa, quello che si definisce sesso forte, e non trovando il piatto pronto per la cena, prenda a sberle la propria moglie.
Non è normale che il proprio marito, il proprio compagno, il proprio fidanzatino debba giudicare il proprio modo di vestire o che impedisca che si vada fuori per un aperitivo con le proprie amiche.
Addirittura i più audaci vietano alle donne, che dicono di amare, di camminare guardando a testa alta il mondo, obbligandole ad abbassare la testa in modo che non possano guardare altri maschi.
Non è normale che quando la donna torna a casa, stanca, dopo una giornata di lavoro, debba riprendere da dove ha lasciato la mattina e cucinare, lavare, stirare, da sola, senza l’aiuto del compagno, perché lui è maschio e certi lavori sono da “femmine”.

Si tratta il più delle volte di violenza psicologia o comunque tutto inizia con la violenza psicologica per poi trasformarsi in violenza fisica ed in omicidio.
La violenza psicologica è grave tanto quanto la violenza fisica.
A volte molto più dolorosa perché  provoca ferite nel profondo dell’anima che non sono evidenti ai più, ma che fanno tanto male e difficilmente si rimarginano.
Sto leggendo su kindle un testo di un autore sardo Massimiliano Conteddu, “le cinque chiavi”, si tratta di una raccolta di twitter intermezzati da testi che raccontano la vita di una persona e del suo rapporto con il mondo delle donne, degli amici e la società in genere.
Un tweet mi ha colpito particolarmente ed è quello con il quale denuncia la violenza contro le donne e recita così: “Ci sono uomini che picchiano le donne e continuano ad andare in giro come se fossero uomini”.
E’ proprio questo il punto.
Questi soggetti cosa sono invece?
Solo delle bestie, degli esseri insensibili e soprattutto sono dei deboli.
Il fatto è che noi donne per questi uomini non possiamo fare nulla.
Chi ci usa violenza non merita la nostra compassione, la nostra attenzione, ma solo la nostra denuncia.
Però a pensarci bene noi donne, noi mamme di figli maschi, qualcosa la possiamo fare, anzi la dobbiamo fare. 
Noi abbiamo una grande responsabilità che è quella di insegnare loro il rispetto per le persone e soprattutto il rispetto per le donne.
Abbiamo il dovere di insegnare loro che nessuna donna è un oggetto, ma un soggetto con sentimenti, emozioni ed un corpo. 
Un corpo che non va oltraggiato, ma solo accarezzato.
Le parole che insegniamo ai nostri figli siano solo parole d’amore e di rispetto. 
Abbiamo il dovere di fare tutto ciò, perché solo noi donne possiamo salvare gli uomini.
Insieme.
Con convinzione. 
Con coraggio.
Ma soprattutto con amore.




Grembiule a scuola?
Ultimo tema “scottante” del caro Ministro Salvini.
Ho sempre visto di buon occhio le divise alle superiori. Forse più per una voglia di emulare i college inglesi o americani. Come se indossando le divise ci si avvicinassero a quei modelli didattici; stupidamente, anche perché non conosco nel dettaglio quei modelli e no saprei dire se sono o meno migliori dei nostri. 
In ogni caso, se dovessero chiedere la mia posizione riguardo questo tema, mi verrebbero in mente due motivi per cui sarei favorevole e sfavorevole allo stesso tempo.

Favorevole perché il grembiule o la divisa abbatterebbe tanto le differenze sociali, almeno quelle di facciata. Spesso i bambini che non possono permettersi vestiti di marca o i cui genitori non vogliono che indossino vestiti di marca, si sentono “inferiori” a coloro che invece lo fanno. Spesso questi bambini sono bullizzati e messi da parte proprio per tale stupido motivo. Certo lo so, bisogna insegnare e far capire ai figli che l’abito non fa il monaco ecc. ecc., ma sono bambini (specie alle medie ed ai primi anni delle superiori) e certe cose non sono semplici da far “ingoiare” ed introiettare.
Il grembiule dunque in questo caso funzionerebbe da livella (almeno esteriormente).
Dall’altro canto però il modo di vestire, specie di un adolescente, la dice lunga su quello che l’adolescente stesso ha dentro di sé.
Costringerlo dunque ad indossare un grembiule o una divisa sarebbe un po’ come tappargli la bocca. Come se si volesse silenziare il suo urlo, laddove ve ne fosse uno. 
D’altro canto non si può certo redigere una norma per cui il grembiule andrebbe indossato a giorni alterni; dunque al governo ed al parlamento questa ardua scelta. 
Io, me ne lavo le mani 😊

UN NUOVO PRIMO MAGGIO




Ho apprezzato il discorso del ministro del lavoro nel punto in cui, riferendosi alla crescita, benché minima, del PIL, ha ringraziato gli imprenditori. 
Lavoratori ed imprenditori sono in egual misura “responsabili” della crescita o della decrescita di un Paese. dando per assodato che vi siano determinate congiunture e che politiche micro e macroeconomiche poste in essere dai governi vadano nella giusta direzione. 
Da un lato i lavoratori (siano essi operai, impiegati, quadri, dirigenti e via discorrendo) offrono il proprio lavoro in modo serio e vedendosi riconoscere tutti i diritti, in particolare vedendosi riconoscere un salario o uno stipendio commisurati alle attività che svolgono (è la Costituzione che all’art. 36 lo sancisce, quindi da questo principio nessun imprenditore dovrebbe esimersi).
Dall’altro lato ci sono gli imprenditori che, coraggiosamente direi, considerato il marasma di leggi, obblighi e rischi da fronteggiare, si assumono il rischio economico e finanziario di avviare attività, per le quali è richiesta l’offerta di forza lavoro. 
Un gatto che si morde la coda: non c’è occupazione se non c’è impresa e non c’è impresa se non c’è forza lavoro. 
Oggi dunque, primo maggio, vorrei fosse la festa di tutti. 
Operai. 
Impiegati. 
Imprenditori.
 Auspico dunque che si possa creare una sinergia-collaborazione che non sia solo orizzontale, lavoratori-lavoratori o imprenditori-imprenditori, ma che sia trasversale. 
Solo così, e con gli interventi del Governo, il nostro Paese potrà crescere in maniera esponenziale, mi auguro.